L’Evangelo del Giorno
Mercoledì della 7ª Settimana di Pasqua
“Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.” (Giovanni 17,11b-19).
La liturgia odierna ci regala ancora un altro passo della preghiera di Gesù al Padre dedicato ai suoi discepoli.
Questa intensa poesia spirituale che la comunità giovannea deve aver meditato a lungo, ci consegna il senso profondo dell’essere e vivere uniti la comunità.
Si tratta di una comunità che Gesù vuole sia preservata dal maligno, dalle forze che non creano lo spirito di unità e di fraternità.
Ma il testo di Giovanni contiene una parola che insieme ad altre ha un significato importante nel nostro tempo: custodire.
Il custodire viene indicato da Gesù nel suo nome e nel nome del Padre. Questa invocazione al Padre ha la stessa radice che Paolo annuncia negli Atti degli apostoli (At 20,28-38) rivolgendosi agli anziani di Efeso per custodire la nascente comunità cristiana.
Oggi il custodire nella vita della comunità cristiana, ma potremmo anche dire nella comunità civile, significa ricercare il bene con tutte le forze possibili, guardare all’essenza del cose, prestare attenzione soprattutto a chi è piccolo, fragile e povero.
La seconda invocazione che Gesù chiede al Padre è quella di custodire i discepoli dalla forza del Maligno. Ancora Paolo nel passo degli Atti citato ripercorre nel suo discorso agli anziani di Efeso, la necessità che la comunità sia protetta dal male, dai lupi rapaci che non risparmieranno il gregge.
Questo Evangelo é un paradigma per vivere oggi la fraternità nel contesto di ogni luogo dove si vive la comunità e in tutte le forme di organizzazione.
L’imperativo se vogliamo crescere e custodirci a vicenda.
