Speriamo davvero in Draghi. Ma deve fare quasi un miracolo, perché la situazione è peggio di quanto viene rappresentato.
Emiliano Brancaccio e Riccardo Realfonzo, docenti all’Università del Sannio, dalle colonne del Financial Times.
“Se esaminiamo i 209 miliardi che il Recovery Plan stanzierà per l’Italia per i prossimi sei anni – leggiamo sul quotidiano inglese – 127 sono prestiti che prevedono solo un risparmio sullo spread tra tassi di interesse nazionali ed europei: anche con previsioni pessimistiche sui tassi italiani, non più di 4 miliardi all’anno. Per quanto riguarda i restanti 82 miliardi di risorse a fondo perduto, l’importo netto dipenderà dal contributo dell’Italia al bilancio europeo (…)
Considerato che un accordo su rilevanti imposte pan-europee appare improbabile, i paesi membri dovranno contribuire come di consueto in relazione al PIL annuale. Il che implica che l’Italia dovrebbe pagare non meno di 40 miliardi. La sovvenzione netta europea è quindi di soli 42 miliardi, ovvero 7 miliardi l’anno. Infine, se si considera che nella prossima sessione l’Italia contribuirà alla parte restante del bilancio Ue per circa 20 miliardi, il trasferimento netto totale scende a meno di 4 miliardi l’anno“.
Una cifra davvero irrisoria, a fronte di un’economia nazionale messa in ginocchio dalle misure restrittive con le quali le aziende italiane fanno i conti ormai da un anno, senza vedere all’orizzonte alcuno spiraglio.