Tremonti smaschera il bluff Ue: "Non ci dà nulla, sono soldi nostri"
L'ex ministro alla conferenza organizzata da Eureca e trasmessa dal Giornale.it. Affondo sul governo: "Classe politica fatta di persone con poca esperienza"
Giuseppe De Lorenzo - Dom, 05/04/2020 - 12:15
L'Europa troppo la legata alla finanza, la Germania , l'economia "sconnessa alla realtà" e una classe politica "fatta di persone con poca esperienza". Giulio Tremonti ne ha per tutti quando analizza la nascita, l'evoluzione e il futuro della crisi coronavirus, incidente "imprevedibile" ma forse "annunciato da altri eventi".
"È come in videogame - dice-: se uccidi un mostro poi ne arriva uno più grande". Cambiano solo gli scenari, ma tutto è connesso: "Prima la crisi era finanziaria, ora sanitaria, poi temo tornerà quella finanziaria". Ed è per questo che l'Italia deve farsi trovare pronta.
L'ex ministro ne ha parlato ieri in una conferenza online organizzata da Eureca (Europa etica dei cittadini e delle autornomie) e trasmessa in diretta dal Giornale.it (guarda qui il video). Il dibattito, guidato da Angelo Polimeno Bottai, presidente di Eureca e vicedirettore del Tg1, ha visto la partecipazione del presidente di Federterziario, Nicola Patrizi, e del presidente dell'associazione Guido Carli, Federico Carli.
Che l'emergenza sanitaria diventerà crisi economica è ormai cosa certa. Restano da capire i tempi necessari per riuscire a venirne fuori. Di certo, è la tesi di Tremonti, il coronavirus ha messo a nudo il peso delle macchinosità europee e le fragilità dell'Ue, incapace di trovare soluzioni rapide ed efficaci. Anzi. L'ipotesi di usare 100 miliardi dal Fondo Europeo? "Sono soldi nostri, dunque i nostri partner non ci danno nulla. Inoltre all'Italia ne arriverà solo una parte e le cifre sono modeste", dice l'ex ministro. Stesso discorso per le ipotizzate triangolazioni finanziarie che passano per la Banca Europea degli Investimenti: "Mi pare che la Bei abbia già sofferenze proprie e comunque non è fuori dalla logica tedesca, visto che il presidente è tedesco". Per non parlare del tanto sbandierato Mes, che è "oggettivamente sinonimo di Troika" e "non prevede condizionalità lievi". Duro anche il giudizio sul nuovo Quantitative Easing da 750 miliardi promesso da Christine Lagarde: "Il meccanismo di creazione della moneta - spiega Tremonti - era giusto in principio", però dopo otto anni in cui la Bce "ha comprato il nulla per nulla" la struttura è "degenerata" e il bazooka rischia di risultare scarico. Una velata la critica a Draghi, oggi visto da molti come possibile prossimo primo ministro: "Creare dal nulla moneta su scala infinita non significa salvare l’Europa, ma preparare il disastro".
La soluzione "maestra" per Tremonti sarebbero gli "eurobond". Ma la Germania non sembra intenzionata a cedere, nonostante la storia insegni che chi oggi sta bene una volta aveva l'acqua alla gola. "Nel 2003 - ricorda l’ex ministro - il Pil della Germania cresceva meno di quello dell'Italia, mentre il deficit saliva più del nostro. La Commissione Prodi chiese addirittura le sanzioni, ma la presidenza italiana disse che non c'era il presupposto, perché andavano imposte solo a chi deviava intenzionalmente" dai sentieri di riduzione del debito. In quel momento, però, la Germania non stava realizzando una politica economica aggressiva, solo non aveva la forza di rispettare i trattati. Un po' come l'Italia i tempi del Covid-19, spraffatta da un virus che non si è certo creata da sola in laboratorio. Alla fine Berlino non venne punita, permettendole così "di fare le riforme che poi l’hanno rilanciata". Una vicenda che forse Angela Merkel dovrebbe rispolverare, più della cancellazione dei debiti della Seconda Guerra Mondiale. Ecco perché per superare lo scoglio del virus, sostiene l'ex ministro, servirebbero "più libri di storia che testi di economa". O magari un'Ue più politica e meno sovrastruttura, dove i cittadini contino davvero qualcosa. Anche per questo Eureca sta per intraprendere una raccolta firme per riformare la Costituzione e permettere ai cittadini italiani di pronunciarsi sui trattati europei.
La conferenza ha riservato ampio spazio anche al settore italiano. Per Patrizi l'allarme riguarda soprattutto le Pmi che, gravate dalla bassa capitalizzazione, "non hanno strumenti strutturali per reagire". Le difficoltà, ha spiegato Carli, sono poi "accentuate dal fatto che se facciamo un salto indietro nel tempo fino a dicembre 2019, troviamo un Paese con una società sfilacciata e un'economia fragile, in un quadro europeo poco efficace ed efficiente". Un contesto di crisi precedente al coronavirus che le soluzioni proposte dal governo Conte non sembrano in grado di affrontare. Basti pensare al Cura Italia, lungo 127 articoli e già oggetto di oltre mille emendamenti. "Un sistema politico che gestisce un'emergenza come questa, dove è fondamentale il tempo, con un decreto che si perde in un testo illeggibile" è "una classe politica fatta di persone con poca esperienza e soggette ad una burocrazia tra le peggiori". Se una soluzione ci sarà, dunque, "non arriverà dal dl Cura Italia". Parola di Tremonti.
L’ITALIA NEL CORONAVIRUS/ I primi segnali di una rabbia sociale da non sottovalutare..
Pubblicazione: 05.04.2020 - Antonio Fanna
Il paese è estenuato. Forse più dalle indecisioni e dalle contraddizioni del governo che dal coronavirus. I soldi promessi non ci sono e il futuro nemmeno..
In mancanza di segnali dal governo, la notizia di ieri dal fronte coronavirus è che in Lombardia e Veneto è vietato uscire di casa senza le mascherine. La spesa si fa con naso e bocca coperti e possibilmente un paio d’occhiali davanti agli occhi, e Luca Zaia ha imposto pure i guanti per chi spinge i carrelli e preleva il cibo dagli scaffali veneti. Dopo avere tambureggiato per giorni sul messaggio che per evitare il contagio bastava mantenere le distanze e lavarsi accuratamente le mani, ora la priorità diventano le mascherine. Uno degli esperti più ascoltati in queste settimane, il virologo padovano Andrea Crisanti, consulente dello stesso Zaia, invita a tenerle anche a casa. Il virus vola ovunque.
È l’ultimo esempio della gestione incerta e improvvisata di questa emergenza, in cui agli italiani sono arrivati in continuazione messaggi contraddittori. Le ordinanze, le autocertificazioni, le chiusure, le zone rosse e arancioni, le conferenze stampa notturne, gli annunci privi di provvedimenti, i tamponi, i 25 miliardi di euro, il doppio commissario, i bonus per la spesa. È lunghissimo l’elenco di azioni che ha contribuito a disorientare un popolo già provato da una tragedia senza precedenti che ha finora ucciso oltre 15mila persone, senza che se ne veda la fine.
Una strage che ha portato con sé un’ombra pesantissima sul futuro di tutti. Il decreto di aprile si fa ancora attendere, e con esso le prospettive di ripresa. Il governo parla ancora soltanto di misure assistenzialistiche, di bonus, di redditi straordinari. Ma i soldi non si vedono. Si vede però burocrazia e impreparazione. Né si vede un’idea per il futuro, non diciamo per un rilancio, ma semplicemente per mantenere quegli striminziti livelli di Pil che abbiamo prodotto negli ultimi anni.
Il riaffiorare della rabbia sociale si sta già manifestando non tanto nella disobbedienza – che pure cresce – alle sempre più stringenti regole di isolamento, quanto nelle fasce di popolazione che cominciano a intuire che dalla paura del virus forse si può uscire, ma che la perdita del lavoro può essere un incubo ancora peggiore. E questa volta, a differenza che dopo il 2008, potrebbe essere molto più difficile “reinventarsi”. Gli industriali chiedono visione e capacità progettuale di cui non c’è traccia. Il turismo, per anni decantato come il “petrolio d’Italia”, deve ripensarsi da capo: che cosa saranno le nostre spiagge se dovremo mantenere le distanze e tuffarci non con la maschera ma con la mascherina?
E che ne sarà dell’agricoltura senza i braccianti, o delle schiere di lavoratori in nero che tirano a campare come possono? Chi pagherà le tasse in un Paese di cassintegrati? Chi si prenderà cura dei malati se medici e infermieri vengono mandati in prima linea senza armi, come dimostrano i 100 morti tra le loro file? Girano già le battute: paragoniamo il numero di decessi tra i medici e tra i politici, e vediamo chi sono i privilegiati. L’odio sociale s’impenna. L’assalto ai forni di manzoniana memoria prende le forme delle “spese proletarie” nei supermercati del Sud Italia. Fortunatamente una grande rete di solidarietà soccorre ancora molte situazioni di indigenza, ma questa volta nonni e famiglie non potranno più svolgere quel ruolo di ammortizzatore sociale assunto dopo i dissesti finanziari di 12 anni or sono.
È in atto una lacerazione sociale profonda, e la politica non se ne rende conto. Il governo tentenna, tasta il terreno facendo uscire dichiarazioni ora del ministro Speranza, ora del capo della Protezione civile, visto che al momento Conte preferisce parlare con la stampa estera. Il balletto delle date è estenuante: 3 aprile, 13 aprile, ma Borrelli dice già di scordarsi il 1° maggio, nelle scuole ormai si parla di rivedersi a settembre. La gente è disposta a fare sacrifici per tutelare la salute propria e altrui. Ma se il motivo è l’imperizia di chi guida il Paese, la rabbia è pronta a esplodere.
IN CASA GIOCA E LEGGI troverete gratis tanti spunti di attività da fare insieme ai bambini, per rendere questo tempo sereno #fumetti