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L’Evangelo del Giorno - Rito Ambrosiano
5ª Domenica di Avvento - Il precursore
Gv 1, 19-27a. 15c. 27b-28
In quel tempo. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo».
Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me, ed era prima di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
Potremmo essere tentati di definire questo brano come un semplice dialogo tra Giovanni ed i sacerdoti inviati dai Giudei; invece non è cosi, lo scambio di battute si svolge molto più come un interrogatorio subito da Giovanni (“inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti ad interrogarlo”). Sacerdoti e leviti vogliono da lui delle risposte secche, concrete, da poter riportare ai loro mandanti.
Penso che la risposta di Giovanni sia criptica proprio perché, lui stesso, non avrebbe saputo definirsi in
poche parole. Ma è proprio da questa incertezza che traspare tutta la sua fede: egli dedica interamente la
propria vita in attesa della venuta di Cristo, ogni ulteriore definizione è superflua.
Preghiera per la propria fede:
Signore, dammi fede:
fede nella tua grazia, nella tua misericordia,
nella tua Provvidenza che vigila, dirige, permette;
dammi fede nel bene, nella bontà, nell’opera alla quale
tu mi hai chiamato a collaborare,
fede nell’infinitamente piccolo, che tu,
con la fecondità misteriosa della tua grazia,
puoi trasformare nell’infinitamente grande.
Che io creda che nulla avviene invano,
che il più piccolo atto compiuto per tuo amore
ha un valore grande dinanzi a te.
O Dio, crediamo nella tua parola.
O Dio, speriamo nelle tue promesse.
O Dio, ti amiamo sopra ad ogni cosa.
O Dio, concedi a tutti la tua pace.
L’Evangelo del Giorno
3ª Domenica di Avvento - Gaudete
“Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».” (Giovanni 1,6-8.19-28).
É una domenica particolare questa terza di Avvento dedicata alla gioia. La gioia che riempie questo ulteriore passaggio è l’essere lieti dell’annuncio, un annuncio di luce, un annuncio che trasforma.
La gioia della luce si riversa nelle parole di Giovanni Battista che battezza al di là del Giordano. É un battesimo di purificazione e di conversione per preparare la strada a Gesù.
La luce illumina il cammino. Il grido nel deserto prepara la via del Signore all’incontro con l’Altissimo, all’incontro con il bene, al superamento delle fragilità umane.
E cosa illumina e raddrizza il nostro sentiero?
É il profeta Isaia (61,1-2.10-11), che è citato da Giovanni, a dare significato alla luce che illumina, raddrizza il sentiero, ci fa gioire.
La lieta notizia ai miseri, il fasciare i cuori spezzati, il proclamare la libertà agli schiavi, la scarcerazione ai prigionieri: questa è la grazia della gioia che illumina, che dà voce al bene, che dà dignità agli scartati e agli esclusi.
Queste parole di Isaia sono le parole che spesso usa Papa Francesco per farci capire perché, in un tempo come questo, la chiesa deve uscire da se stessa per incontrare l’umanità. La chiesa non abbandona la propria ordinarietà, i propri riti, ma solamente vive l’Eucarestia con gli ultimi.
Paolo Imperatori
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