Non scrivo stasera, disegno.
Seguo col dito la linea gentile del collo,
le labbra ricurve e le ali del naso.
Sfioro la gota. Le palpebre chiuse
tremano appena quasi in attesa che dita leggere
creino ciocche dai mossi capelli,
bianchi nel sole.
Scopro le orecchie curiose in attesa di brevi parole.
L'unghia percorre la pelle e la schiena s'inarca,
prua orgogliosa fra le onde infuocate.
Salgono le dita prudenti dal ventre incavato,
indugiano timide, insicure sul seno proteso.
E la mano si apre, raccoglie decisa quel dono sincero.
Il segno si allarga, diviene tratteggio.
Nascono ombre e lampi di luce,
giochi sfumati, intrecci decisi
dal respiro affannato
dell'onda che penetra
rifugi nascosti.
Il colore si insinua tenue e discreto.
Le iridi brillano, scintille ridenti.
Le labbra si aprono e prendono vita.
Non odo parole, ma sento promesse
e la mano dipinta inizia a creare,
decisa.
Traccia i miei piedi, prosegue sull'anca,
delinea il torace e disegna il mio viso,
da' luce ai miei occhi ed io la guardo,
sorpreso.
Ora le braccia e mi afferra una mano,
la stringe,
sicura.
Il vento dal mare ruba quel foglio.
Ci porta lontano, in un mondo passato.