Terrorismo a Vienna: fuoco alle polveri?

piuttosto hanno dato acqua alle funi

Nella notte di ieri, uomini armati, hanno aperto il fuoco al centro di Vienna. Sono partiti dai pressi della Sinagoga della capitale austriaca muovendosi apparentemente senza uno schema, ma seminando morte e tracciando una scia di sangue sul loro cammino. Alla fine i morti sono stati 4, i feriti 17 (6 dei quali in gravi condizioni). La polizia e i corpi speciali hanno lavorato tutta la notte per assicurarli alla giustizia. Uno degli attentatori è stato ucciso. Continuano le ricerche degli altri. Dopo l'attentato di Nizza della settimana scorsa, l'Europa si stringe stavolta attorno al popolo austriaco. I vari capi di Stato esprimono, unanimi, cordoglio e solidarietà.

L'attentato di ieri è stato paragonato, per le modalità, a quello del Bataclan di cinque anni fa. Esistono certamente punti di somiglianza, ma questo attentato non sconvolge solo per brutalità e efferatezza: anche la scelta di colpire presso una sinagoga, la sera prima del lockdown anticovid fissato dal governo di Sebastian Kurz, sono indicativi.

Si è detto che, se fossero stati dei professionisti, sarebbero stati più coordinati e avrebbero mietuto molte più vittime. Ma è veramente così? O è solo lo sforzo di guardare il bicchiere mezzo pieno?

La scelta della sinagoga

Colpire presso la sinagoga. Non è una scelta casuale e non c'entra la nuova ondata di antisemitismo che qualcuno denuncia quando a muoversi sono alcune componenti delle società occidentali. Questa aggressione ha il suo epicentro vicino la sinagoga perché a colpire sono stati degli islamici e, nella Vita di Maometto,  si racconta della strage di 400 ebrei compiuta dal profeta in un solo giorno.

Un islamico che, in una città di quasi 2 milioni di abitanti punta al cuore dell'ebraismo, di fatto, non fa che emulare il grande profeta, lo sterminatore di ebrei Maometto.

Senza pietà e senza onore

Il commando si è quindi mosso, apparentemente in ordine sparso. Hanno sparato indistintamente su uomini e donne, senza cedere alla compassione per chi, rannicchiato in un angolo, magari dentro una vetrina, ha chiesto pietà. Non un pensiero, non una esitazione, neppure a chi supplicava di poter tornare dai suoi bambini.

In quattro, invece della pietà, hanno incontrato la morte. In 17 hanno invece avuto in cambio delle suppliche una o più pallottole. Perché questo commando non ha avuto né pietà, né onore. E la sola cosa che è loro interessata è stata seminare morte.

L'ultima occasione

"Un gruppo disorganizzato e non preparato militarmente", si è detto. "Diversamente avrebbero fatto più vittime", si è insistito.

Eppure, per il fatto di aver colpito in modo coordinato in vari punti della città e il fatto di essere riusciti a far perdere le proprie tracce nonostante la scia di sangue, potrebbero far pensare il contrario. 

Piuttosto che persone non preparate o attentatori improvvisati, mi pare si possa parlare di persone frettolose, che hanno agito prima del previsto e per questo sono stati impediti a perfezionare il piano o l'addestramento. Chissà, magari avranno visto nell'imminente lockdown (scattato oggi in Austria, ndr) un rallentamento del loro progetto di morte.

Ancora più Europa

Se ad ogni azione corrisponde una reazione, le reazioni ad un attentato possono essere due: o dare fuoco alle polveri, o dare acqua alle funi.

Far deflagrare un malessere già diffuso. Oppure far stringere i rapporti rendendoli più saldi e resistenti.

Nel 1586, dare "acqua alle funi" rese possibile un'impresa straordinaria: innalzare nel centro di piazza San Pietro, un obelisto di 25 metri per 350 tonnellate.

Oggi, che - parafrasando Massimo D'Azeglio - "fatta l'Europa bisogna fare gli europei", questi attentati sono acqua alle funi, per cui i capi di governo delle nazioni europee si scoprono solidali coi loro omologhi, e - invece che intimorire dall'intimorire i viennesi - fanno alzare la testa ai popoli d'Europa in un comune atto di orgoglio e di resistenza ai portatori di morte.


Lorenzocp ptux

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